“Ad ogni tuo primo evo” è una serie di opere augurali. Un invito per immagini al mistero di ogni prima volta. Si celebra il tempo primo, quando gli essere umani, primigeni, nulla conoscevano sulla terra, ed ogni cosa era da scoprire con spavento e stupore, per coglierne l’anima che l’ha mossa. Questo è il tempo che non ha memoria di un passato già percorso, in cui sottili sono i limiti tra il singolo essere e il resto del cosmo. E ad ogni gesto si compartecipa al mondo con la forza di un dio e la paura dell’uomo. E questo fa il coraggio. È un invito a bruciare senza spargere fuochi, senza lasciare ceneri ostili. Ma ardere, in canti e versi. Ardere in parole e segni. Ardere curando: il figlio, la madre, la terra, l’indifeso, il compagno, il viaggio, sé stessi. Ardere al sorso d’acqua come si arde all’odore del fuoco che sfama e scalda. È un’esortazione a slegare i lacci del padre e della madre, e quelli prima di loro. E i nodi, che il tempo crea muovendo la corda. È una preghiera per chi è partito, per chi dorme nella culla di qualche necropoli. Laddove i vivi si illudono di circoscrivere lo spazio della morte, sfuggono i viandanti ad ogni disegno e architettura. È un invito alla vecchiaia e al suo carattere di fanciulla. Vivere per la prima volta l’ultimo incanto, l’ultima gioia, l’ultimo gioco, l’ultimo respiro. È l’augurio a percorrere la strada del buon ritorno. Perché sempre si ritorna: con commozione, paura e stupore si compartecipa più e più volte al mondo fino a giungere alla vecchia casa, che era là prima di tutto. Laddove neanche il sole è ancora sorto, e non ci sono ancora notti, e non ci sono ancora giorni.